Giovedì, 28 Mar 24

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Atripalda e il suo domani

Come rilanciare la nostra città in una fase di grave crisi economica?

Atripalda, credo che lo riconosciamo tutti, è una città in declino, un declino che viene da lontano e che sarebbe un errore ascrivere soltanto agli ultimi anni. Essa ha difatti esaurito il ruolo attrattore che ricopriva fino al terremoto del 1980 grazie alla vocazione commerciale e alla presenza di servizi extracomunali. Come detto altre volte, il problema di Atripalda è che ormai non è più paese, ma non è ancora città: si tratta dunque di impegnarci tutti per ricostruire una nuova identità.

Partiamo da un fattore che nessuno può toglierci e che nemmeno noi stessi potremmo cancellare, ovvero la posizione geografica decisamente favorevole. Collocata tra i parchi naturali del Partenio e dei Monti Picentini, Atripalda è una città-cerniera che potrebbe e dovrebbe offrire ricettività e servizi, magari incrementando quelli presenti. Tuttavia, oltre a pensare a nuove attività e imprese commerciali, si deve considerare quanto c’è da valorizzare. Anche perché il declino di cui parliamo scaturisce dal fatto che, mentre altre realtà circostanti, più o meno piccole, sono riuscite a dotarsi di aree commerciali, ritrovi e strutture che una volta erano rari, Atripalda ha indubbiamente perso la sua spinta propulsiva. Pensiamo dunque a tutte quelle strutture che per fortuna sono presenti sul nostro territorio e che devono solo essere ottimizzate. Oltre ai reperti storici, nell’area archeologica è presente, nella parte finora sistemata, un grosso spiazzo che potrebbe diventare ad esempio una cavea. La Dogana dei Grani, attualmente finalizzata alla quasi esclusiva funzione di deposito, potrebbe diventare un’area espositiva e museale permanente. Nella Biblioteca comunale arricchita, stimolando donazioni e richiedendo volumi – ad esempio tutto il materiale pubblicato dall’Istituto per gli Studi Filosofici in occasione del bicentenario della Rivoluzione del 1799 – si potrebbe creare una sezione per studiosi e appassionati. II convento e il monastero, ormai sottoutilizzati, potrebbero ospitare anch’essi Centri Studi. Altre due realtà di grande rilevanza ai fini di un’attrattività culturale e turistica sono ovviamente il Palazzo Ducale e il Cineteatro: sul secondo abbiamo già parlato, mentre sul primo ci soffermeremo in seguito.

Ma come rilanciare questa realtà in una fase di grave crisi economica? È necessario saper investire sull’innovazione e sul sapere pensando e ideando iniziative di basso costo ma di alto profilo. Prima di tutto bisogna riorganizzare gli eventi già realizzati e quelli che sono stati abbandonati – mi riferisco a “I luoghi della musica”, le iniziative della chiesa di S. Nicola, della Pro-Loco, l’Half marathon, Terra mia, ecc. – e inserirli in un contesto funzionale. Questo è compito di tutte le forze politiche e in particolare dell’Amministrazione Comunale che deve qualificare la propria gestione per favorire una reale rinascita della città, rinascita che non può essere solo economica, ma deve essere soprattutto sociale e culturale.

Bisogna uscire dalla vecchia logica secondo la quale basta organizzare un megaevento o portare in piazza qualche cantante famoso per attrarre presenze, ma si devono creare le condizioni affinché tutte le potenzialità presenti possano emergere e svilupparsi.

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