Mercoledì, 24 Apr 24

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La nave affonda

E’ davvero arrivata l’ora di tirarsi su le maniche altrimenti è solo tempo perso

Quando un ente pubblico arriva al punto da non poter più pagare gli stipendi dei propri dipendenti vuol dire che è arrivato alla canna del gas: alchimie contabili e buoni propositi non servono più a nulla. L’unica ricetta che vale è quella di incassare moneta sonante, denari veri, che il 27 di ogni mese devono essere infilati nelle buste paga: nel caso di Atripalda mediamente circa 3.500 euro lordi per ognuno dei 56 dipendenti comunali. Ed, a quanto pare, il Comune, raschiando il cosiddetto fondo del barile (nel nostro caso arrivando quasi ad esaurire il fido bancario) per marzo riuscirà ancora ad evitare il rischio di mandare in bianco il personale, ma ancora non si sa bene come si potrà evitarlo in futuro.

Le strade da battere non sono molte: tassazione e alienazioni.

La prima è stata già ampiamente percorsa con una manovra che nell’ultimo anno ha prelevato, fra Imu e Irpef, circa 3 milioni di euro dalle tasche dei contribuenti atripaldesi per dirottarli nelle casse comunali (quasi tutti già incassati), ma resta, allo stato, improduttiva o quasi qualunque iniziativa tesa a recuperare le imposte non versate negli anni passati, sia da parte di cittadini che di aziende pubbliche e private. Insomma, la cosiddetta lotta all’evasione, di cui si sente parlare da anni, è evidentemente ancora ferma sulla carta. Così come poco o nulla si sa rispetto all’intenzione di recuperare tutti gli altri crediti vantati dall’ente come i canoni di locazione arretrati. Ed è chiaro che se non si tura la falla nel bilancio che ogni anno genera perdite non più sostenibili diventa difficile per chiunque chiudere i conti in pareggio.

Sul fronte delle alienazioni le cose non vanno meglio, anzi. La trattativa per la cessione del Centro servizi è ancora congelata dopo essere trascorsi ormai nove mesi da quando la Xenus, l’azienda farmaceutica interessata all’acquisto, ha avanzato ufficialmente la propria disponibilità. La settimana prossima scade l’ultimo termine concesso dall’Amministrazione per formalizzare l’offerta economica, ma la sensazione è che anche stavolta non se ne farà niente perché i fondi ministeriali necessari all’investimento non sono stati ancora erogati ed il Comune, da parte sua, non potrà far altro che attendere ancora perché mancano le alternative. Così come si sono rallentate di parecchio le procedure per la cessione degli alloggi comunali di via San Giacomo (per un terzo già avvenuta) che sulla carta avrebbe dovuto portare nelle casse comunali circa 1,4 milioni di euro, di cui un quarto destinati a coprire i debiti e la restante parte da reinvestire in edilizia residenziale pubblica (come la riqualificazione di contrada Alvanite). Non resta che sperare, allora, che vadano a buon fine le cessioni dell’ex scuola rurale di San Gregorio, messa all’asta per la sesta volta proprio in questi giorni, e del mercatino rionale di contrada Alvanite: in tutto circa 250mila euro che bastano a malapena a coprire una mensilità dei dipendenti comunali.

Tutto ciò mentre le spese continuano a registrare voci impreviste come l’aumento dei costi della differenziata (130mila euro per il “porta a porta”), manutenzioni straordinarie, risarcimenti e parcelle legali, solo per citare quelle note ai più.

Insomma, servirebbe davvero che si mettessero in campo maggiori energie per evitare di affondare come sta, invece, succedendo.

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