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Atripalda ha bisogno delle grandi imprese

La nostra città fa fatica a rialzarsi anche perché non si è posta grandi obiettivi

Con la riapertura delle scuole è ripartita a tutti gli effetti, per circa 2mila famiglie atripaldesi, quella quotidianità che i tre mesi estivi stravolgono a beneficio di ritmi meno frenetici. Atripalda apre il nuovo anno scolastico con la novità dell’istituto comprensivo, il più grande della provincia con i suoi 1.270 iscritti fra materne, elementari e medie. Una bella sfida, non c’è che dire, a cui il dirigente unico ed i suoi collaboratori sono chiamati a rispondere, come già stanno facendo, con il massimo dell’impegno e della professionalità. Una sfida, però, che è anche della città e, quindi, dell’Amministrazione comunale. L’anno è cominciato sotto i migliori auspici e già s’intravede una consapevolezza maggiore rispetto al passato, che fa ben sperare per il futuro. E, paradossalmente, forse ci voleva proprio una bella sfida da vincere per rimettere veramente la scuola al centro delle preoccupazioni e delle attenzioni della politica. Se dev’essere così, speriamo che arrivino presto nuove imprese da realizzare anche in altri settori più dormienti.

In settimana si è registrato un positivo risveglio sulla vicenda delle corse festive degli autobus soppresse per mancanza di fondi regionali. La “storica” Linea 1 Atripalda-Avellino inaugurata a metà del secolo scorso proprio in riva al Sabato non funziona più di domenica, lasciando a piedi quanti ne hanno necessità e, peggio ancora, i pendolari di contrada Alvanite perché, naturalmente, anche le corse urbane agganciate alla Linea 1 sono state cancellate. Il sindaco si è rivolto pubblicamente alla Regione, speriamo serva a qualcosa perché l’utilità sociale di quelle corse è enorme.

Un’altra forte preoccupazione, invece, affiora relativamente ad alcuni grossi finanziamenti che sarebbero dovuti arrivare e di cui ancora non si sa nulla: Alvanite e Dogana dei grani. Da anni, troppi anni, si cercano soluzioni e denari per affrontare il degrado del popoloso quartiere, ma finora non si è visto ancora niente: non è giusto illudersi ed illudere se il futuro resta sempre sulla carta. E, ancora più sorprendentemente, sembra che anche il finanziamento quasi certo da 2,5 milioni di euro per dare una funzione vera alla Dogana dei grani sia saltato. Un vero peccato perché il settore turistico-culturale certamente ne avrebbe tratto giovamento, insieme a quella parte della città che tenta costantemente di riappropriarsi dei propri spazi e della propria identità.

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