Giovedì, 25 Apr 24

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Don Enzo saluta la comunità e affida al suo successore undici grandi sfide

Chiesa madre gremita per l’ultima concelebrazione dell’ex parroco di sant’Ippolisto: «Se in qualche occasione sono stato un po’ sgorbutico, questo è il momento per chiedervi scusa». Punto per punto il “decalogo” per don Fabio Mauriello

Don Enzo era molto emozionato

Don Enzo De Stefano ha salutato ieri sera la comunità parrocchiale di Sant’Ippolisto congedandosi con queste parole: «Se in qualche occasione sono stato un po’ sgorbutico, questo è il momento per chiedervi scusa». Ed un lungo applauso ha salutato l’ormai ex parroco della chiesa madre, oggi vicario vescovile e parroco del Duomo di Avellino. Poi una lunga fila di persone si è recata in Sagrestia per salutare personalmente il sacerdote che 14 anni dopo il suo insediamento (23 settembre 2001) tra pochi giorni sarà sostituito da don Fabio Mauriello.

Don Enzo era visibilmente emozionato quando ha parlato per venti minuti ad una chiesa gremita durante l’omelia dell’ultima concelebrazione eucaristica in Sant’Ippolisto, affiancato da don Ranieri, padre Jean Claude e don Christian. A differenza di altre volte, il vicario vescovile aveva appuntato su alcuni foglietti le parole che voleva usare nel saluto alla comunità parrocchiale. E soprattutto il suo “testamento” in undici punti, cioè le undici sfide che non è riuscito a vincere e che spera possano essere affrontate dal suo successore.

«Il trasferimento è sempre in agguato per chi svolge il nostro servizio - ha detto -. Ad Atripalda, tra l’altro, ho goduto di grande stabilità essendo rimasto cinque anni più del previsto. E non è cosa da poco… Quando il vescovo mi ha detto che sarei diventato il suo vicario, l’8 luglio scorso, a Lourdes, dove ci trovavamo con due differenti pellegrinaggi, i primi sentimenti sono stati quelli della paura, del dispiacere, della ribellione. Poi ho cominciato a dare un senso diverso a quanto ero chiamato a vivere. Ed ho pensato che se a Manocalzati avevo dedicato gli anni della giovinezza, ad Atripalda avevo dato gli anni della maturità, forse i migliori. Ed ho pensato ai due battesimi di persone adulte che in questi 14 anni ho avuto la fortuna ed il piacere di celebrare. Ma ciò a cui mi sono dedicato molto è all’esame di coscienza per chiedere perdono alla chiesa ed al Signore per ciò che in questi anni non sono riuscito a fare. E sono venuti fuori 11 punti, che vorrei rappresentassero una sorta di testamento per il mio successore. Noi cristiani siamo il sale e la luce della chiesa e riconosco che non ci siamo sciolti e illuminati sufficientemente. La nostra squadra, poi, ha giocato bene in difesa, ma è stata un po’ debole in attacco, cioè ci siamo fermati alla soglia della parrocchia e non siamo arrivati fino in piazza. Ed abbiamo peccato di autorefenzialità, evitando spesso il confronto. Non abbiamo accolto nel modo giusto quanti si sono affacciati alla nostra soglia. Abbiamo spesso ceduto, poi, alle chiacchiere inutili che sono diventate pettegolezzo e motivo di discordia. Ci siamo impadroniti del servizio pastorale fino a farne strumento di potere. Abbiamo ceduto all’individualismo a scapito della riflessione. Non siamo stati sufficientemente attenti agli ultimi, ai poveri. Abbiamo dato poca importanza all’adorazione eucaristica. Ed, infine, abbiamo avuto poca cura di chi ha abbandonato la comunità».

E quasi alla fine sono stati in tanti a succedersi sull’altare per portare il saluto dell’Amministrazione comunale, della Misericordia, della Pro Loco, dei gruppi di preghiera, degli altri parroci, ai quali don Enzo poi ha risposto uno per uno, salutandoli a sua volta e chiedendo di nuovo perdono a tutti.

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