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I nuovi profeti del far bene

L’Imu sulla prima casa andava lasciata al 0,4% per garantire equità sociale

Poche altre volte, nel passato, gli atripaldesi sono stati così preoccupati come oggi per il persistere di un degrado avvilente, per l’insufficienza amministrativa, per la pesante situazione debitoria nella quale versa il bilancio comunale. Il primo elemento è che la nuova amministrazione, eletta per operare in discontinuità col passato, è al palo. E l’alibi di essersi trovata di fronte ad una situazione più critica per giustificare il proprio deludente immobilismo non regge. Sindaco e Giunta sanno perfettamente di essere corresponsabili della crisi e oggi mostrano tutta la loro impreparazione e incapacità a gestire al meglio la situazione. Manca loro la capacità di creare, di inventare anche con scarse risorse economiche la soluzione non solo ai problemi che rendono quotidianamente più critica la visibilità dei cittadini, circolazione, parcheggio, spazzatura, igiene e pulizia, strada, fiera settimanale cimitero, cultura e quant’altro, ma anche quella di gestire l’ineludibile politica dei sacrifici economici con decisioni più eque. Incidere, cioè, meno sulla classe debole e chiedere maggiori sacrifici ai più ricchi. Finora, ha prevalso l’insipienza e l’abilità comunicatoria del Sindaco che, sul settimanale “il Sabato” cerca di convincere con pletoriche affermazioni l’opinione pubblica che tutti i suoi collaboratori si “spremono” a massimo per il bene della città. Il secondo elemento di preoccupazione riguarda il funzionamento dell’apparato burocratico. Qui, stando alle roboanti e solenni promesse fatte in campagna elettorale, i cittadini attendevano che i “Nuovi” scoprissero subito le carte e attuassero la propria ricetta intervenendo con provvedimenti rapidi e incisivi per rendere più efficace e produttivo l’apparato burocratico. Ma tutto è stato lasciato immutato. Anzi, si evidenzia sempre più una pessima organizzazione. I “Nuovi Profeti del fare bene” si attengono sempre più al copione di moda: enfatizzare le difficoltà, scaricare le colpe sui dipendenti e passati “regimi”, dimenticando (ci riferiamo agli assessori) che quasi tutti, nei passati “regimi”, hanno rivestito ruoli importanti, a giustificazione della loro incapacità di incidere positivamente su una problematica di difficile approccio ma di non impossibile miglioramento. In sostanza, cercano di passare per vittime di un sistema ingovernabile quando addirittura rinunciano ad utilizzare al meglio risorse umane di notevole professionalità (ci riferiamo al caso del funzionario assunto con regolare concorso, da tutti giudicato molto selettivo e privo di influenze clientelari). Attualmente, questo funzionario vaga nei vari uffici senza specifiche funzioni e senza essere utilizzato nelle mansioni per le quali è stato assunto. Perché? Il terzo elemento concerne la gestione del bilancio comunale che, come ormai tutti sanno, presenta una situazione al limite del dissesto. Il disavanzo stimato al 31 dicembre u.s. è di 3,7 milioni di euro. E le modalità con le quali si è intervenuti destano, più che preoccupazione, sconforto e sfiducia. L’ineffabile e, per alcuni atteggiamenti da neofita, supponente e insipiente delegato al bilancio, con nonchalance, si è rimangiato tutto dichiarando recentemente, con sorprendente superficialità, di “non aver avuto un’idea chiara dal primo giorno”, quando ha fatto la promessa di non aumentare l’Imu. Invece, su sua proposta, proprio l’Imu è stata aumentata con delibera della maggioranza consiliare nella seduta del 31 ottobre u.s. con le stesse modalità della volta precedente e, cioè, senza tenere in alcuna considerazione le richieste provenienti non solo dalla minoranza consiliare ma anche dai semplici cittadini a mezzo stampa o internet di attuare una tassazione più equa. Tali richieste tendevano unicamente a considerare la possibilità di adottare una tassazione che lasciasse inalterata l’aliquota del 4 per mille per i possessori di un’unica abitazione destinata alle proprie necessità abitative e venisse aumentata per tutte le altre categorie. Così operando, si sarebbe realizzata sicuramente una maggiore e migliore equità sociale. Non riusciamo a comprendere, per quanti sforzi facciamo, le ragioni vere alla base di un simile atteggiamento di chiusura. Ci rifiutiamo di pensare che il tutto sia dovuto al desiderio di dominazione, all’ansia di prevalere per soddisfare proprio ambizioni personali, all’incapacità di liberarsi dall’attaccamento al potere di questi novelli amministratori e, infine, dubitare che questa inspiegabile chiusura possa sottendere la difesa di occulti interessi di parte.

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