Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,11 - 18)
In quel tempo, Gesù disse: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio”.
Spunti per la riflessione
“Io sono il buon pastore”. Questo identikit che Gesù fa di se stesso, colpì talmente i primi cristiani da spingerli a superare la proibizione ebraica di creare immagini di Dio. Infatti la prima raffigurazione di Gesù, dipinta sulle pareti delle catacombe romane, è quella del “buon pastore”. E’ necessario ridare alle parole di Gesù la pienezza del loro significato. Gesù “buon pastore” è il Figlio che dice al Padre: “Non hai voluto sacrifici di cose e animali, eccomi!Manda me”. E’ il Samaritano che si fa vicino, soccorre, provvede a risolvere il problema del fratello in difficoltà, chiunque esso sia. E’ il Maestro che lava i piedi ai suoi discepoli. E’ l’innocente che si consegna liberamente nelle mani del sinedrio e di Pilato. Niente sentimentalismi! Niente devozionismi! Gesù non ci propone il suo identikit per farci commuovere, ma per invitarci a dare la vita per gli altri. Come lui. Da evitare anche un’interpretazione riduttiva del “buon pastore” che può derivare indirettamente dalla Giornata mondiale per le vocazioni sacerdotali e religiose celebrata in questa domenica. Un “buon pastore”, cioè, riservato ai pastori: papa, vescovi, preti, religiosi. Niente affatto! Gesù “buon pastore” è modello di vita per tutti. Chi vuole seguirlo, qualunque sia il suo servizio nella Chiesa, non ha altra via che “dare la vita per le sue pecore”. Come Lui. Chi è sposato deve esserlo da “buon pastore”. Tutte le altre scelte. Ugualmente! Con i colleghi, gli amici, le persone incontrate casualmente, i coinquilini, gli alunni, gli insegnanti; con chi ci vuole bene, con chi ci vuole male; con i concittadini, con gli extracomunitari; con i bianchi, con i neri…seguire Gesù significa essere “buon pastore” disposto a dare la vita per le sue pecore. La cosa ci fa un po’ paura. Certo! Perché è una scelta difficile, ma anche perché dare la vita ci fa pensare a cose fuori dall’ordinario, eccezionali, eroiche. Dare la vita significa, invece, dare un sorriso, fare pace, perdonare, dire una parola buona, non dire una parola cattiva, stringere la mano, stare vicino in silenzio… Gesti semplici che ci cadono addosso come la goccia che scava la pietra. Addosso ogni giorno. In ogni luogo. In ogni situazione. Se non li scansiamo, pian piano trasformano il nostro cuore di pietra in cuore di carne. Come quello del “buon pastore”. Anche noi “buoni pastori”…