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Imprenditore atripaldese taglieggiato dalla camorra

I Clan pretesero con estorsioni e ricatti parte della vincita milionaria al Superenalotto avvenuta a Ospedaletto. Fra le vittime anche un nostro concittadino

Fra i vincitori anche una donna che all'epoca lavorava in città

I clan Cava e Genovese avevano messo le mani sul tesoro di 33 milioni di euro, frutto della colossale vincita al Superenalotto avvenuta il 17 gennaio del 2008 presso un bar tabacchi di Ospedaletto di Alpinolo. Il gruppo di malavitosi, tutti giovani (Raffaele Santaniello, Francesco Scognamilgio, Marco Antonio Genovese, Mario Matarazzo e Antonio Dello Russo) e tutti affiliati ai due clan, avevano infatti individuato parte dei trenta vincitori della fortunata schedina, divisa in trenta quote da 6,10 euro poi rivendute proprio quel 17 gennaio del 2008. Tra i vincitori, si diceva, c’erano lo stesso tabaccaio, il prete del paese, qualche dipendente del comune, molti giovani disoccupati, un noto imprenditore atripaldese quel giorno di passaggio nel fortunato bar ed anche una donna che all’epoca della vincita lavorava ad ore ad Atripalda. Sembra che l’imprenditore atripadese avesse acquistato due quote e che parte della cifra fosse servita a risollevare le sorti della propria azienda, afflitta dai debiti, e parte ad aiutare un caro amico all’epoca in difficoltà economiche. Ora l’uomo può dormire sonni tranquilli poiché i Carabinieri del Comando Provinciale di Avellino, dopo mesi di indagini, sono riusciti ad individuare cinque malavitosi coinvolti.

Tra i presunti “taglieggiatori” anche Marco Antonio Genovese, figlio di Modestino Genovese (capo indiscusso dell’omonimo clan). E proprio dal carcere sembra fosse partito l’ordine di chiedere parte delle vincite a sostegno delle attività del clan e degli uomini in cella. Il gruppo, di cui faceva parte anche un minorenne, si era distinto in questi mesi anche per alcune estorsioni in provincia a danno di piccoli esercenti e imprenditori edili. Per dare maggiore sostegno alle richieste estorsive alcuni degli arrestati disponevano di armi, munizioni ed esplosivo, che venivano utilizzati per intimorire le vittime come i molti giovani di Ospedaletto ed un noto imprenditore edile al quel avevano anche chiesto di assumere alcuni loro protetti ed affiliati. L’imprenditore era entrato nel mirino perché aveva rifiutato tali assunzioni ma non si scarta l’potesi che abbia comunque consegnato parte della vincita. I cinque, finiti in manette, saranno interrogati dai giudici nei prossimi giorni e non si escludono ulteriori fermi e arresti.

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