Lettera di un commerciante contribuente agonizzante
È molto probabile che alla fine di quest'anno mi troverò costretto a chiudere la mia attività commerciale. Solo l'idea mi fa impazzire; dopo anni di sacrifici e di risorse impiegate per tamponare, per andare avanti, per non essere travolti dalla crisi. Anni in cui l'ombra del fallimento è stata spesso scacciata dalla speranza che prima o poi ci sarebbe stata un'inversione di tendenza, che mi avrebbe consentito di non rendere vani tutti gli sforzi compiuti.
La guerra con le scadenze, con le utenze da pagare, con le tasse, con i contributi si è fatta impari e, per quanto mi sforzi di immaginare un epilogo diverso, la realtà appare cruenta e senza via di fuga.
Sono consapevole che la mia condizione è simile a quella di molti altri commercianti atripaldesi, del resto basta guardare quante attività hanno chiuso, o stanno per chiudere, i battenti (nel mentre spuntano come funghi nuove attività con capitali di dubbia provenienza).
Intanto si procede sulla strada della larga distribuzione che sta falcidiando i “piccoli” come me. Lì non c'è competizione perché mancano le tutele che ad Atripalda non sono mai state prese in considerazione. Eppure la nostra storia commerciale dovrebbe consentirci di avere una visione più congrua ed efficace per fuoriuscire dignitosamente dalla crisi che ci sta travolgendo.
Essere definiti la Città dei Mercanti mi appare oggi come una grossa presa in giro, piuttosto la chiamerei la Città dei Mercanti Dimenticati. Dimenticati da un'amministrazione sorda e cieca che non muove un dito per attenuare questa penosa condizione. L'Assessore competente è latitante, impegnato per mesi ed anni nel teatrino del Mercato, il cui spostamento ha determinato non pochi scompensi al tessuto commerciale atripaldese.
Menefreghismo allo stato puro. Sarebbe bastato indagare, verificare di persona, del resto che ci sta a fare un Assessore al Commercio se non presta attenzione alle condizioni dei commercianti?
Quante volte ho pensato di portare le bollette sulla scrivania del Sindaco o di Di Pietro, quante volte avrei voluto che essi prendessero il mio posto per un po', per rendersi conto che la mia come quella di tanti altri è una situazione veramente tragica.
Un assessore capace avrebbe convocato i commercianti ed avrebbe con loro discusso di progetti ed iniziative da compiersi per sostenere chi si trovava in difficoltà. Magari un accordo ed un impegno del Comune con le Banche disposte a concedere prestiti a tassi agevolati. Era, ed è, una strada praticabilissima, serviva solo volontà politica, buon senso e competenza ma tutti questi fattori sono assenti nelle persone addette al settore.
Non ho stima per l'Assessore Di Pietro e non credo che sarà mai capace di tirar fuori dal cilindro una soluzione, la mia sorte commerciale è segnata e lo sarà anche quella di molti altri se non avverrà il “miracolo”. Legarsi ad una poltrona per ego e non riuscire ad ammettere la propria incapacità è stata la prassi comune in questi anni ad Atripalda.
Socialisti, comunisti, democratici e democristiani hanno spolpato e divorato tutto quello che in decenni il commercio atripaldese aveva saputo costruire, trasformando Atripalda da Città dei Mercanti a Città dei Medici.... che la Provvidenza ci aiuti (per dirla alla Manzoni)!!!
Un commerciante atripaldese
Commenti
Se il commercio langue, la colpa non è dell'assessore!
Chi sostiene questo è mentalmente chiuso e tende ad attribuire ad altri le proprie responsabilità.
Ed io non sto con l'amministrazio ne, che giudico malissimo.
Ma nessun assessore al commercio ha colpe, se analizzate seriamente. Se volete continuare a sfornare fesserie, fatelo pure.
caro amico, so quanto è dura chiudere quella porta, dire addio al tuo sogno, al sogno che hai coltivato con sacrificio con amore in compagnia dei tuoi familiari, ti resta il fatto che esci a testa alta da una battaglia impari, esci da uomo onesto e non da uomo sconfitto.
Cordialmente
Non sono uno sprovveduto nel sostenere che è nei poteri delle amministrazioni locali attivare, attraverso accordi specifici, linee di credito agevolate. Ma questa non è l'unica via.
Si è creata subito una gabbia a difesa dell'Assessore come se egli meritasse encomi per il suo operato inquadrato in questi termini. Nessuno ha però saputo argomentare o citare anche un solo episodio, un'occasione in cui Di Pietro ha fatto qualcosa per il commercio cittadino. Ok, si è speso molto per il Mercato ma c'era molto altro a cui guardare.
Cordialmente.
se le attività commerciali di Atripalda non hanno fatto nessuna evoluzione in 30 anni, la colpa non è certo del Comune.
I negozi che non hanno colto l'esigenza della specializzazion e, sono destinati a chiudere. Oggi se voglio una buona camicia, un Lewis, una buona cravatta, non c'è nessun negozio decente.
Chi si specializza come il Salumaio (piazza Cassese) o il Formaggiaro (piazza Garibaldi), o l'enoteca (piazza Umberto I) riesce bene a dare servizi e quindi a vivere decentemente.
Chi vuole fare il tuttologo, è destinato a chiudere.
Del famoso commercio Atripaldese sono sopravvissuti solo pochi commercianti di via Roma, perchè hanno qualità.
La cosa più semplice da fare è dare la colpa alle Istituzioni, invece di analizzare la nostra incapacità a stare sul mercato.
auguri
il commerciante ANONIMO