Mercoledì, 08 Mag 24

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La Pasqua e le tradizioni

Scoprire il sapere grazie al sapore è una meraviglia a cui non si può rinunciare

Tra non molto sarà Pasqua, la festa che, assieme al Natale, rappresenta il perno della religione cattolico-cristiana. In questo nostro viaggio nella memoria che abbiamo intrapreso diverso tempo fa, vorremmo sottolineare un aspetto della tradizione che caratterizza fortemente questa festa. Quest’aspetto è legato ai sapori della Pasqua, sapori che lentamente ma inesorabilmente si vanno perdendo e che cancellano di fatto il nostro passato o al massimo lo relegano in una posizione marginale. Ho sempre pensato che anche in riferimento agli usi e alle consuetudini della nostra piccola città il terremoto del 1980 abbia rappresentato una specie di spartiacque tra il tempo passato e quello attuale. Dopo quella tragedia si è innescata un’accelerazione dei processi disgregativi del senso di appartenenza, le comunità colpite hanno rischiato di frammentarsi in riferimento ai loro valori. Sembra quasi che a essere cambiata sia la stessa percezione del tempo, che non a caso oggi sembra scorrere più frenetico e veloce rispetto ai ritmi calmi e cadenzati del passato. O forse è soltanto il tempo che passa…

Tuttavia siamo in molti ad avere la sensazione che prima la Pasqua andasse preparata per essere vissuta, mentre ora sembra quasi piombarci addosso come ogni altra ricorrenza cui facciamo fronte con decisioni veloci a discapito della sacralità che essa rappresenta. Non era così tempo fa. Le settimane precedenti la festa erano scandite dai preparativi per le specialità culinarie proprie di tale ricorrenza. Si andava alla ricerca nei prati e nei campi della borragine, dei cardilli (cicorione), del cerfoglio; si provvedeva all’acquisto della scarola e delle cipolle marzaiole che assieme alle alici e alle olive costituivano gli ingredienti della pizza con l’erba, che nel mondo contadino rappresentava il pranzo alternativo, necessario per affrontare il duro lavoro, al rigido digiuno del Venerdì Santo. Si cominciava a fare i dolci con la preparazione del tortano, il pane della Pasqua, che nelle nostre zone veniva realizzato in modo semplice e aveva una forma circolare arricchito con uova sode fermate sulla sommità da croci di pasta. Si procedeva poi a preparare gli impasti per realizzare la pigna, i taralli e i biscotti. La pigna, un dolce che sostituisce il panettone, quasi esclusivo dell’Irpinia ove ha ancora una grandissima diffusione, non è molto dolce, ma ha la caratteristica di durare a lungo tanto che, pur perdendo la sua iniziale sofficità, conserva il suo sapore tipico fino e oltre la domenica in Albis. Il tarallo dalle grosse dimensioni sopravvive bene nella tradizione ancora oggi, e si presenta in due versioni: rustico e dolce, quello rustico è caratterizzato da un gusto deciso e da un retrogusto ove si distingue l’aroma dei semi di finocchio selvatico, quello dolce è caratterizzato dalla glassa di zucchero, detta ‘il naspro’, e dalla presenza dei ‘diavolilli’, piccoli confetti colorati. La regina del forno pasquale resta ‘a pizza chiena, che viene preparata il Venerdì Santo non solo per permetterne la lievitazione, ma anche come atto penitenziale in un giorno in cui non è consentito mangiare carne. La pizza chiena è costituita da un tipico impasto con un ripieno di svariati ingredienti, prima su tutti la ‘soppressata’, ma anche prosciutto, salsiccia secca, pancetta affumicata, formaggio fresco e scamosciato, ricotta e tuorli d’uovo. Per quanto riguarda il giorno di Pasqua, dopo l’antipasto a base di soppressata e uova sode, la tradizione vuole che non si rinunci allo spezzatino di agnello sbattuto in uova e formaggio.

Ho voluto ricordare queste tradizioni sperando che esse non si perdano del tutto o che in futuro non siano appannaggio solo di ristoranti che riscoprono la cucina povera a volte più per moda che per convinzione. Queste tradizioni non appartengono soltanto al folclore, ma soprattutto alla nostra cultura e per questo dovrebbero essere oggetto di discussione e di memoria anche nelle scuole. Solo così esse possono essere tramandate al maggior numero di persone possibili, ma possono anche far rivivere la sensazione di tornare bambini e accarezzare la meraviglia della scoperta del sapere attraverso il sapore. Nella società consumistica di oggi viviamo il pericolo di preferire ciò che è materiale a ciò che è ideale, l’accumulo alla scoperta, un sapore di plastica a un sapore genuino, rischiando di non essere mai più bambini ma di diventare subito vecchi.

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Commenti  

 
#1 Una lettrice 2013-04-02 12:17
Questo articolo mi ha ricordato i miei nonni, che ormai non ci sono più... Soprattutto la mia cara nonna, che era uno spettacolo osservare mentre preparava i dolci di Pasqua... Quanta nostalgia!