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I ferrovieri di Atripalda

Grazie alla strada ferrata la nostra città conobbe un periodo di benessere. Le conquiste sul piano sociale e lavorativo sono costate tempo e sacrifici

I ferrovieri di Atripalda

Era il mezzogiorno di un giovedì - il 10 aprile del 1879 - quando un fischio prolungato annunciò l’arrivo del primo treno proveniente da Napoli nella stazione di Avellino. Una folla variopinta e plaudente che contava insieme “cafoni” e nobiluomini attendeva da oltre due ore l’arrivo della prima locomotiva in terra d’Irpinia. Il treno arrivò in una stazione in aperta campagna più prossima ad Atripalda che al capoluogo Avellino. La scelta della localizzazione venne operata dall’ing. Luigi Oberty che era stato Ministro dei Lavori Pubblici dopo l’Unità d’Italia e che nel 1868 da direttore di tale dicastero, su pressione del senatore Michele Capozzi eletto nel collegio di Atripalda, optò per una soluzione di compromesso tra Avellino e Atripalda. Lo stesso destino subì anni dopo la progettazione della linea Avellino-Rocchetta S.A., che inizialmente doveva seguire il tracciato della linea Avellino-Benevento fino a Prata-Pratola per deviare poi, lungo un percorso di pochi chilometri, verso Montemiletto - evitando così la realizzazione di costosissime opere che già in altre occasioni abbiamo citato - e che invece toccò Salza I. e Montefalcione valorizzando i possedimenti di “Re Michele”. Niente di nuovo sotto il sole: in fin dei conti oggi non è cambiato molto. Tuttavia la realizzazione della stazione ferroviaria e il collegamento con Napoli, Benevento e Salerno e successivamente con l’Alta Irpinia fino in Puglia, rappresentò la rottura di un isolamento. Nel capoluogo di una delle province più povere d’Italia si creò un’opportunità di lavoro per centinaia di persone, in un contesto industriale ridottissimo, che vedeva solo la presenza delle miniere di zolfo di Altavilla e Tufo, la concia delle pelli a Solofra, le gualchiere, le ferriere e le filande nella nostra città. Anche grazie a ciò nel periodo 1870-90 Atripalda conobbe un periodo di benessere economico, forse unico nella sua storia, che è attestato dalla presenza di ben due banche con capitali locali e dalla realizzazione di una miriade di opere pubbliche: dall’illuminazione elettrica, alla realizzazione dell’acquedotto cittadino, alla realizzazione della nuova Dogana dei Grani, ecc. È in questo contesto che si colloca la realizzazione della stazione ferroviaria e la condivisione dei benefici che da essa ne derivarono. Un esempio per tutti: fino al dopoterremoto erano ancora presenti sui binari dello scalo merci della stazione di Avellino i carri-botte per il trasporto delle uve della ditta Mastroberardino la cui cantina venne fondata nel 1878.

Non è possibile sapere quanti fossero i ferrovieri, e quanti fossero di Atripalda, nel 1879; quello che si può affermare con certezza è che in quel periodo essi rappresentarono una nuova tipologia di lavoratori che si poneva nel mezzo tra il ceto impiegatizio tipico di un capoluogo e l’operaio-contadino marcatamente caratteristico delle nostre zone. Nel 1889 ad Atripalda, come riportato dal prof. Francesco Barra nel suo Atripalda Profilo Storico, vi erano 531 addetti al settore industriale (pari a circa il 9% della popolazione), una grossa presenza operaia senza nessuna organizzazione politico-sindacale, eccetto due Società di Mutuo Soccorso che, pure avendo uno scopo assistenziale, erano in pratica comitati elettorali legati ai notabili di turno. L’unico evento di contrapposizione tra ceto operaio e padronato si ebbe nel 1872 con un “memorabile sciopero” delle maestranze dell’opificio Turner per la filatura della canapa che si trovava a Pianodardine. Diverse fonti citano rivendicazioni seguite da agitazioni già dal 1890, ma è nel 1894 che nasce il SFI (Sindacato Ferrovieri Italiani), con uno slogan che era quasi una parola d’ordine: “la concessione delle ferrovie ai ferrovieri”. Con questa parola d’ordine il SFI combatteva una gestione che anteponeva gli interessi privati allo sviluppo del Paese, richiesta che, seppure ancora oggi sarebbe considerata estremistica, trovò allora consenso anche tra economisti di matrice liberale come Vilfredo Pareto. La sezione avellinese del SFI era di dichiarata tendenza rivoluzionaria impregnata di massimalismo. Un episodio riportato in F. Pieroni Bortolotti, Francesco Misiano, Roma 1974, è illuminante a tale proposito: Francesco Misiano, ferroviere e sindacalista di alta levatura – vedi profilo nel Dizionario degli Italiani, Treccani, vol. 75 (2011) – fu oggetto di un attacco da parte dei dirigenti avellinesi per avere agito in maniera scorretta nella Commissione per l’assegnazione delle case ai ferrovieri. In questa condizione di radicalismo, come vedremo la prossima settimana, si trovarono ad avere un ruolo di primo piano anche ferrovieri atripaldesi.

A differenza del periodo 1894-1913, relativamente al quale non esiste una documentazione specifica, abbiamo notizia che già dai primi giorni di gennaio del 1914 il SFI, il Sindacato Ferrovieri Italiani, aveva avanzato una serie di rivendicazioni riguardanti salario, orario di lavoro e trattamento di quiescenza. La vertenza divenne molto dura e nel successivo mese di aprile si verificarono incidenti e atti di sabotaggio sulla linea Avellino-Rocchetta S.A. Nel mese di giugno il SFI fu in provincia di Avellino l’unica categoria a scendere in piazza in occasione della “settimana rossa”. La conseguente repressione messa in atto dal Governo fu molto pesante: quattro ferrovieri vennero licenziati, cinque vennero retrocessi da macchinisti a fuochisti, sette da fuochisti a manovali. Di questi provvedimenti vi è traccia negli atti e nelle notizie riportate dalla stampa di allora. Alcuni di tali ferrovieri risiedevano ad Atripalda, non abbiamo però certezza che fossero anche nativi della nostra città, una città che aveva visto la nascita della prima sezione del Partito Socialista Italiano nel 1898, ad appena sei anni dalla fondazione del suo germe originario, il Partito dei Lavoratori Italiani. Una presenza politica importante che, anche se a fasi alterne, inciderà consistentemente sul piano provinciale. A titolo di curiosità riportiamo la composizione del gruppo dirigente risalente al 1902: gli iscritti erano 60, in maggioranza operai e giovani, il consiglio direttivo era formato da Alberto Alvino, Domenico Grimaldi, Filippo Di Rito, Eugenio Penza, Sabino Salvi. Il segretario era Roberto Ricciardelli e il tesoriere Antonio Piccolo. Mi sono soffermato sulla sezione del PSI perché nel panorama politico provinciale del primo novecento è stata un punto di riferimento importante per il movimento operaio. In una precedente occasione già scrissi che il 21 gennaio del 1921 a Livorno essa aderì, unica in Irpinia, al nascente Partito Comunista d’Italia. Ogni organizzazione è fatta di uomini e gli ideali camminano con le gambe degli uomini: nel primo ventennio del 1900 i protagonisti di questa organizzazione politica erano artigiani, operai e ferrovieri in massima parte. Venanzio Bonazzi, Gennaro Maffei, Vincenzo Di Donato, Ettore Marino, Francesco Rega, Giuseppe Francavilla, e di altri di cui si conosce solo il cognome: Pelliccia, Brancaccio, Faccadio, rappresentavano il nerbo di quel nucleo di ferrovieri che tennero vivi gli ideali rivoluzionari lottando per ottenere migliori condizioni di lavoro e contro l’avvento del fascismo. Il 1920 fu un anno cruciale per i ferrovieri atripaldesi che rivestivano ruoli dirigenziali sia politici che sindacali: dal 19 al 29 gennaio parteciparono attivamente allo sciopero nazionale che si concluse con il riconoscimento delle otto ore lavorative. Fu uno sciopero aspro. Il 4 dicembre del 1920 si tenne ad Atripalda il II Congresso Irpino presieduto dal giovane membro della direzione nazionale Giuseppe Berti. Allo sciopero del 1920 seguì nel 1921 una fase di “resistenza politica”, ma ormai ci si avvicinava all’esaurimento di quella carica rivoluzionaria che aveva raggiunto il punto più alto nel cosiddetto “biennio rosso” 1919-20. Il 27 febbraio del 1921 venne assassinato nella sede di Firenze del SFI, di cui era segretario, il trentaduenne Spartaco Lavagnini. Nei primi anni dopo la presa del potere, la reazione fascista di fronte agli scioperi fu inesorabile, e complessivamente 36mila ferrovieri vennero licenziati. Anche ad Avellino la reazione fu pesante e i ferrovieri fin qui citati vennero prima retrocessi nella qualifica, trasferiti e poi definitivamente licenziati. A Venanzio Bonazzi toccò forse la sorte peggiore, poiché subì maltrattamenti e violenze durante il fascismo, perse quattro denti anteriori nel tentativo di resistere all’introduzione in bocca di un imbuto per somministrargli l’olio di ricino. Visse facendo il rilegatore di libri e venne sottoposto a regime di sorveglianza con l’obbligo di presentarsi in caserma ogni qualvolta era prevista una manifestazione di regime. Questi uomini che si sono battuti per un ideale e per ottenere migliori condizioni di lavoro per tutti hanno sparso semi che hanno dato i loro frutti. Ad Atripalda nei partiti di sinistra e nel Consiglio comunale la presenza dei ferrovieri non è mai mancata; in segno di rispetto vogliamo ricordare quelli che si sono distinti per il loro impegno, oltre ai già citati: Carmine Arcieri, Luigi Adamo, Vincenzo Limone, Sabino Spina, Mario Pagnotta. Negli anni recenti la consiliatura 1989-93 ha visto in Consiglio comunale tre consiglieri ferrovieri e ancora oggi la presenza continua. Questo scritto vuole essere, nelle modeste intenzioni di chi l’ha redatto, uno stimolo all’impegno sociale dei giovani ricordando loro che le conquiste sul piano sociale e in particolare in quello del lavoro sono state frutto di enormi sacrifici da parte di chi ci ha preceduto, e che è stato necessario molto tempo per ottenerle, mentre ne basta molto poco per cancellarle. Anche ad Atripalda rivolgiamo in occasione del 1° maggio, appena passato, un pensiero a quanti hanno creduto che l’Italia sia veramente una Repubblica fondata sul lavoro e che solo tutelando la dignità del lavoro e dei lavoratori è possibile vivere un presente e progettare un futuro migliore.

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Commenti  

 
#1 Nora 2013-06-05 11:51
Bella testimonianza!