I temi che riguardano la salute pubblica sono essenziali
Quando nello scorso mese di dicembre decisi di scrivere per questo giornale sull’Isochimica e sul pericolo che essa ha rappresentato e che attualmente rappresenta, non avrei mai immaginato che il distretto industriale dell’Irpinia, principalmente l’area avellinese e solofrana, avrebbe assurto a un ruolo preponderante nelle corrispondenze dei mezzi d’informazione non solo locali, ma anche di livello nazionale e per alcuni aspetti internazionale. È positivo che un fatto taciuto per anni venga oggi a suscitare un interesse che coinvolge sempre più cittadini e istituzioni. È ancora poco: i temi che riguardano la salute collettiva sono temi essenziali che devono avere in generale un posto di rilievo all’interno delle notizie senza condizionamenti politici ed economici. Nello stesso tempo gli enti preposti e la stampa devono dare notizie corrette e non clamorose o allarmistiche, fini a se stesse, destinate di fatto ad annullare il problema portandoci a considerarlo come ineluttabile o inserendolo in un calderone indistinto di questioni irrisolte. Se questo fosse stato il principio ispiratore anche della società politica e civile che ha permesso sia in fase di realizzazione che in fase di gestione ad alcuni stabilimenti di trattare materie nocive, sicuramente vi sarebbe stato da parte di queste realtà industriali un comportamento diverso. Oggi, anche dalla stampa provinciale, l’Irpinia e in particolare Avellino con il suo numeroso circondario di piccoli comuni, vengono assimilati addirittura alla ‘terra dei fuochi’; non è giusto che una terra così bella come la nostra, e che in moltissimi punti appare ancora intatta nel suo aspetto paesaggistico, venga associata a uno dei luoghi, come quello localizzato tra le province di Napoli e Caserta, così martoriato e violentato dalla camorra e anche dalla politica. L’interesse economico favorito da spregiudicati gruppi industriali e dal sistema malavitoso hanno deturpato, se non addirittura completamente compromesso, una delle pianure più fertili d’Europa.
Ritorno su questo argomento dopo aver letto le dichiarazioni del professore Antonio Giordano, oncologo ricercatore di origini irpine dello Sbarro Institute per la ricerca sul cancro di Philadelfia. Dopo l’ampio servizio giornalistico che il settimanale “L’Espresso” ha dedicato alla nostra provincia, in particolare all’area di Pianodardine, è stato chiesto all’illustre scienziato se ritenesse «un allarme esagerato o la realtà dei fatti» l’aumento delle patologie di origine tumorale nella Valle del Sabato, quindi anche nella nostra città e se ci fosse un collegamento con queste realtà industriali. Senza nessuna esitazione la risposta è stata affermativa e si è concentrata principalmente sul ruolo avuto dall’amianto presente nell’area della ex Isochimica. Un’accusa molto pesante e molto autorevole nel momento in cui viene riferita da uno dei maggiori e qualificati osservatori del settore. Nessuna giustificazione potrà mai esservi per chi quella fabbrica l’ha voluta e ne ha consentito la realizzazione; l’alibi che non si conoscessero a fondo i pericoli rappresentati da quella lavorazione non reggono. E anche il ricatto dei vantaggi economici risulta inammissibile. Possiamo affermare con certezza che i danni patiti dai lavoratori, dai loro familiari e dagli abitanti del più popoloso quartiere di Avellino erano in realtà ampiamente prevedibili e conosciuti, e nonostante tutto si è consentito non solo di operare in quella zona, ma anche e soprattutto in quel modo.
È di recente attualità la notizia dell’inizio della bonifica dell’area interessata dalla fabbrica. Non si capisce bene cosa si intenda per bonifica nel momento in cui per adesso si parla solo della risigillatura dei cubi che contengono l’amianto di risulta, della pulizia dei capannoni e della copertura dell’intera area con un telone. Se le cose stanno così ci troviamo dinanzi a una messa in sicurezza, cosa completamente diversa da una bonifica. Ma come è noto l’area industriale non è soltanto l’Isochimica dismessa: essa comprende la presenza di molte decine di piccole aziende che concorrono a creare tutta una serie di problemi che vanno tenuti sotto controllo. L’impatto maggiore a livello territoriale e ambientale è oggi determinato dalla Novolegno, una fabbrica che realizza pannelli truciolari che contengono un’alta percentuale di collanti. Le immissioni di fumi nell’aria sono considerevoli anche se attenuate dalla presenza di vapore acqueo. Mai come in questo caso è essenziale procedere con un monitoraggio costante della qualità di detti fumi e in generale dell’aria circostante. Non ci sono fino a oggi gli elementi per dichiarare che ci si trova di fronte a un rischio o a un abuso; sicuramente è possibile affermare che purtroppo c’è un tributo che va pagato all’industrializzazione. Dopo il terremoto si è avuto un incremento della presenza industriale nella nostra provincia, sperimentando anche la possibilità di portare l’industria in montagna, attività che però non è decollata se non marginalmente. Anche alla luce della limitatezza delle potenzialità industriali in Irpinia, è necessario comprendere che il nostro futuro dovrà passare attraverso altre forme di sviluppo, sicuramente molto più ecocompatibili, come l’artigianato di alto livello, il turismo e i servizi a esso legati. Ma con questo siamo già alla fine del processo, all’inizio del quale c’è sempre e solo una seria, costante e responsabile tutela e valorizzazione del nostro ambiente.