Giovedì, 18 Apr 24

Tu sei qui:

San Sabino, uno e bino

Una rilettura della documentazione lascerebbe propendere per l’esistenza di due vescovi di nome Sabinus, uno di Abellinum e l’altro di Canosa. Ma la domanda da porsi è: in che anno Atripalda ha cominciato a solennizzare il 9 febbraio?

Un'immagine del convegno

Non ho potuto partecipare al primo dei due incontri promossi rispettivamente dalla Parrocchia di S. Ippolisto e dal Comune di Atripalda (settore turismo e marketing) sulla irrisolta (e - azzarderei - non più necessaria) questione della provenienza e della biografia del nostro Sabino, vescovo e santo. Ho però partecipato al secondo, in buona parte speculare e… contrario e seguo le ricerche che l’amico Gennaro Passaro svolge con acribia e passione. Ne parlo, perciò, con cognizione, anche per aver curato negli ultimi 30 anni la riedizione della principale bibliografia critica sul tema, ed aver pubblicato alcune illuminanti pagine del prof. Francesco Barra. Preliminarmente desidero esprimere sincero apprezzamento per le iniziative promosse (per quanto… due incontri in due giorni, peraltro sovrapposti e frettolosamente allestiti, hanno di fatto vanificato le buone intenzioni dei promotori). Credo, infatti, che neppure i (pochi) addetti ai lavori abbiano potuto evitare alcune diffuse curiosità, almeno in merito a tanta improvvisa sovrabbondanza. Insomma nessun elemento nuovo è venuto sul versante della ricerca (e neppure su quello della… divulgazione) per cui non si può che apprezzare la saggia conclusione del caro mons. Barbarito, arcivescovo e nunzio apostolico emerito: “Non intendo, a 90 anni, rinunziare al mio san Sabino”, che trancia di netto ogni dubbio presunto ed ogni presunta certezza. Lo stesso prof. Gennaro Luongo, ordinario di Agiografia e Letteratura Cristiana Antica alla Federico II, ha dovuto concludere che sulla base dei pochi dati certi non è possibile tracciare una biografia storica del nostro Protettore, ma solo proporre un “modello di santità”, che era (ed è) d’altra parte la principale finalità della agiografia antica.

In conclusione, sia le suggestive certezze di Passaro che la prudenza di Luongo, in attesa di auspicabili evidenze documentali, non fanno altro che ribadire, pur con ampiezza di notazioni culturali, il già noto. (Un po’ come nel caso della onerosa riscoperta della tomba a camera di via Tufara, per la quale prima ancora che ripetute indagini geodiagnostiche… sarebbe bastato… chiedere in giro).

Dovessi assegnare qualche credito, sulla parola, direi che alcuni degli argomenti proposti da Passaro ed una nuova lettura della documentazione disponibile, lascerebbero propendere - con tutte le cautele del caso - per due vescovi di nome Sabinus: il Campanus (o Capuanus) del quale già parlava Leopoldo Cassese e poi Lorenzo Spina ed il Canusinus. Una ipotesi nella quale anche la singolare coincidenza del dies natalis (il 9 febbraio) potrebbe trovare una spiegazione plausibile e convincente nella aspra contesa tra il clero avellinese e quello di Atripalda (a cui doveva apparire intollerabile che il Praesul Sabino, così potentemente incardinato nella fede collettiva del borgo nato intorno allo Speco dei Martiri, potesse essere - anche solo chiamato - vescovo di Avellino). Si tratterebbe di rispondere alla domanda - per quanto ne so mai posta - di quando Atripalda ha cominciato a solennizzare il 9 febbraio: se prima o dopo l’incursione settecentesca nella cronotassi episcopale di Canosa. La ricostruzione del tremendo conflitto tra clero avellinese ed atripaldese, attizzato da ragioni che, al di là dell’orgoglio campanilistico, andavano ben oltre il sacro, potrebbe - anche sulla base di nuove fortunate indagini archivistiche - aprire un proficuo terreno di indagine. Se ne parlerà, prima o poi, in un nuovo convegno…

Profilo Storico (di Raffaele La Sala)

“O gran Sabino, invitto, / Tu di Atripalda onore [...]”

Sono i versi iniziali di un inno, forse del XVIII secolo, a San Sabino, che - cancellata con un tratto di penna Canosa - rivendicano definitivamente alla nostra Città il vescovo santo, ‘o vecchiariello miracoluso, ‘o vecchiariello nuosto, (come anch’io ho sentito invocarlo, con affettuosa e sincera devozione, in una chiesa gremita, dopo il terremoto del 1962).

Non si sa se San Sabino nascesse a Roma, nel Lazio, o ad Abellinum, ma di Abellinum (e cioè di un’area assai più vasta delle odierne Atripalda ed Avellino) fu vescovo e sulla riva destra del fiume Sabato visse nel VI secolo, intorno al cimitero dei martiri cristiani Ippolisto e compagni e - pare - vi morì.

Si può sintetizzare così, senza addentrarsi in annose controversie erudite, la biografia storicamente accertata del Santo, mentre una tradizione, costante nei secoli, ne ha collocato la ‘casa’ ad Atripalda, a Capo la Torre, intorno allo Specus Martyrum, proprio dove ora viene alla luce una imponente basilica paleocristiana ed una nuova area cimiteriale, in parte anche più antica.

La figura di San Sabino, che faticosamente in questi ultimi anni, anche per il decisivo contributo della ricerca, sembra potersi liberare dagli equivoci di un esasperato campanilismo, si incardina, perciò, nella coscienza collettiva della nostra terra attraverso un percorso ininterrotto di identificazione e di fede. E la sua sepoltura (in un imponente sarcofago pagano riutilizzato), l’iscrizione funebre, i riscontri delle indagini archeologiche, lo impongono oggi non solo al culto devozionale ed alla fede degli atripaldesi, ma anche alla evidenza storica, come una delle figure più importanti della chiesa irpina e del Mezzogiorno, in un’epoca di gravissime tensioni.

Fu in un contesto di incertezze e turbolenze spirituali e politiche che San Sabino (che sembrerebbe di poter identificare con il Sabinus Campanus, impegnato col Papa S. Giovanni I (523-526) ed altri vescovi, ad una missione a Costantinopoli) si fece guida materiale e spirituale della sua gente ed incarnò un riconosciuto modello di santità.

Quali passioni, quale ardore di fede abbia determinato il culto di San Sabino è documentato, peraltro, dalla una plurisecolare bibliografia, da Andrea Falcone, a Scipione Bellabona, Andreano di Roggiero, Sabino Barberio, mentre si deve agli studi di Gennaro Aspreno Galante, Leopoldo Cassese, Lorenzo Spina, Francesco Barra, Nicola Gambino, Gennaro Passaro una più chiara puntualizzazione della sua personalità spirituale e storica.

Ma sono i miracoli (quelli certificati con atti notarili e quelli che ciascuno vive nella propria coscienza), la speciale protezione contro le calamità, ed in particolare i terremoti, le frequenti e feroci controversie con Avellino, che di San Sabino hanno alimentato la solida e diffusa venerazione popolare che ne accompagna, due volte all’anno, le feste. Di San Sabino, infatti si solennizza il dies natalis, quello della morte cioè, il 9 febbraio; ed il 16 settembre, a memoria della solenne traslazione, voluta dal Vescovo di Avellino Muzio Cinquini, e dalla famiglia Caracciolo, il 16 settembre del 1612. Due ricorrenze che per gli atripaldesi, quelli che vivono sulle rive del Sabato e quelli della diaspora, sono l’occasione del ‘ritorno’, agli affetti, alla memoria, per molti anche ad una fede più semplice ed autentica.

San Sabino, ora pro nobis...

E-mail Stampa PDF